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Il dragone di Tai Hang
Tai Hang, letteralmente “Grande canale”, è un’area a sudest degli scintillanti grattacieli di Causeway Bay, il distretto dello shopping di Hong Kong. La gentrificazione della città-Stato asiatica, quella che più delle altre dà l’idea di essere ancora in corso e più interessante da osservare, passa da qui. Fino agli anni Novanta Tai Hang è stato identificato coi quartieri bassi della metropoli orientale, uno slum racchiuso da colline dove a farla da padrone erano certi malandati negozi di meccanici per auto e i tradizionali dai pai dong, caratteristici templi dello street food che servono noodles, congee e altre pietanze tipiche, dove le persone erano solite ritrovarsi (qualcuno, quando nacquero nel secondo dopoguerra per permettere ai famigliari delle vittime del conflitto di tirare avanti, li ribattezzò “i nightclub della povera gente”).
Oggi Hong Kong è cambiata, e di conseguenza è cambiato anche Tai Hang, uno dei cuori pulsanti delle sue tradizioni. Il sito web del quotidiano inglese The Guardian lo scorso novembre riportava che il quartiere oggi «fa anche da casa a una nuova ondata di caffetterie, bar e ristoranti indie; una veloce ricerca online restituisce termini come “foodie” e “heaven”». E se non è un paradiso, questa Williamsburg del subcontinente cinese, di certo è però già riuscita ad attirare un discreto numero di ex emigranti, che hanno scelto di tornare in patria e sfruttare i bassi costi degli affitti e, più in generale, della vita quotidiana per mettere su un’impresa propria. Non è il caso di Alex Lau, il quale, intervistato sempre dal Guardian, ha di recente parlato della sua vita di vent’anni fa, quando faceva il meccanico in uno dei garage della zona: «C’erano solo Bing Kee (un celebre dai pai dong della zona) e il negozio di maiale alla griglia, e la maggior parte delle persone lavoravano nelle autorimesse». Oggi Alex è il proprietario di un rivenditore di finiture per auto di lusso.
La gentrification di Tai Hang è ancora un cantiere a cielo aperto, ma di certo è iniziata da qualche anno. Ci sono piccoli pub in stile britannico ricavati da rivenditori di motociclette e ristoranti che segnalano la presenza di ogni tipo di cucina, dall’italiano al vietnamita, capaci di attirare clientele anche molto diverse fra loro. Eppure, tra le sale da tè posh e i locali che servono ramen per palati gourmet, il quartiere rimane un luogo di tradizioni. Il piccolo tempio di Lin Fa si trova alla fine di Lin Fa Kung Street ed è stato costruito nel 1863, ai tempi della dinastia Qing, per onorare il culto della dea Kwun Yam, sacra protettrice della gentilezza e della compassione. Questa costruzione a forma di fiore di loto fa da cornice a uno degli eventi culturali più importanti di Hong Kong. Nella nuova meta dei foodie della metropoli c’è infatti spazio per il folklore: la Danza del drago infuocato, un rituale parte della Festa di metà autunno, si tiene puntualmente ogni fine di settembre. Gli abitanti del posto si uniscono per costruire un dragone lungo settanta metri e illuminato dalla luce di 70 mila bastoncini di incenso, un lungo animale artificiale che poi fanno sfilare per le vie di Tai Hang al suono di grida e con un incessante rullo di tamburi in sottofondo. La funzione originale era allontanare gli spiriti maligni, oggi è soprattutto uno spettacolo che ha il sapore di un’altra epoca, capace di immergere lo spettatore in un’atmosfera rarefatta di costumi e riti tradizionali.
Come spesso succede nelle nuove frontiere dell’urbanizzazione delle grandi metropoli, a Tai Hang i locali sorgono e spariscono con velocità che per un quartiere normale sarebbero quantomeno inusuali. Come tutte le storie di gentrificazione, anche quella di questo quartiere ha i suoi lati più delicati, le sue opposizioni e le sue proteste. L’ultima rimasta è quella di un’anziana signora che non vuole arrendersi alla riconversione del suo quartiere. Quando, l’anno scorso, una società di speculazione immobiliare ha acquistato due isolati di case popolari e convinto i suoi residenti a trasferirsi per far posto a nuovi e ambiziosi piani di sviluppo urbano, la signora ha iniziato a tirare gavettoni sui passanti in segno di protesta simbolica. Tai Hang cambia ma, almeno in un certo senso, rimane sempre lo stesso
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Testo – Davide Piacenza
Foto - Jessica Hromas/Stringer